Il tossico che sbrocca

È perché non li conosci a sufficienza!”, bercia l’amica del cuore, mentre al telefono le racconto l’ultimo tragico caso di maschio sbroccato. “Devi frequentarli con lentezza, prenditi del tempo”, mi suggerisce trionfalmente, come se avesse trovato la formula vincente per sconfiggere la fame nel mondo.

Messo giù il ricevitore decido, conseguentemente, d’applicare con diligenza, rigore e disciplina la prescrizione impartitami. Non con calcolo matematico – sia chiaro – ché quello non m’è mai riuscito, e ancora vesso mia madre per non avermi insegnato la sottile arte del computo: azione-convenienza.

 Diciamo che è capitato. Un po’ come quel farraginoso tramenio che è la mia vita, da quando la genetica ha deciso che, a prevalere, non dev’essere il callido gattamortismo, ma la franchezza genunina e anche un po’ brutale al limite, talvolta, della maleducazione.

Lui pareva – a una prima occhiata – pienamente nella norma. Non particolarmente bello, né propriamente gentleman, neppure dotato d’un mezzo di qualsivoglia fattezza (tipo: quella cosa a due ruote che si chiama bici, e che pure odio). Piuttosto conforme, con qualche picco d’attrattiva, però: un passato da musicista (“Stai lontana dagli istrionici che tanto ami”, tuonava mia sorella, “ché poi presentano il conto e tu non lo reggi”).

Certo, c’era quella tragica prassi di martellare come un pneumatico le bacheche facebook altrui, per il solo fine esercizio di provocare. Consuetudine che si concludeva, nella gran parte dei casi, con uno schietto sfanculamento del titolare del profilo social.

Beh, non tornava neppure, a volerla dire tutta, quel dettaglio di consumare erba, abitualmente e più volte al giorno, dai quattordici anni in poi e lo sfizioso divertissement di fumarsi (chi di noi non?) funghi allucinogeni, a 40 anni, nel più sozzo centro sociale della capitale.

Ma il mio sordo magnete attira-psicotici ascriveva gli accidenti descritti alla romantica equazione di “artista = consumatore di stupefacenti”.

Comunque, la frequentazione si dipanava da luglio con sporadici incontri tutto sommato gradevoli e un suo preciso timore che io allora non comprendevo: “Ho il terrore di finire sulla tua rubrica”.

 Nel frattempo, dopo un fidanzamento rotto e qualche non indimenticabile conoscenza, a fine dicembre l’incontro in questione prende una deriva semi-sentimentale. Niente di serio, per carità. Né di preoccupante, fino a quando l’epifania dell’orfano della legge Basaglia mi si rivela in tutta la sua interezza.

 “Pronto? Sono indeciso”, fa lui

In che senso, scusa? Manco abbiamo iniziato.

“Sì, ma t’avevo detto che avevo due trombamiche, no?”.

Sì, ricordo bene. Ma anche che non era niente d’importante e avevi voglia d’innamorarti e d’una cosa seria.

“Ecco, sì. Però mica le posso allontanare così le trombamiche, eh. Che comunque vanno avanti da un pezzo”.

– Ah. Ho capito. Ma che vuoi allora da me?

Beh. Sono confuso. Perché provo per te un sentimento, però non lo so. Però forse sì. Però mica posso chiederti di aspettarmi finché mi si chiariscono le idee. Però volevo dirtelo per correttezza. Però ci tengo a te. Però forse dovrei dirlo anche a loro che tu ci sei”.

Senti, scusa, non ho capito. Direi che sei molto confuso. Fai come vuoi.

Eh, ma che ne dici se pranziamo insieme la prossima settimana?”.

– Ma anche no. Ciao, eh. Clic.

Mentre nella testa sbatteva la scialuppa del “te l’avevo detto che ai tossici si bruciano i neuroni, a lungo andare” – profetica sentenza della mia amica del cuore – trascorrono tre giorni di silenzio vicendevole.

Intanto, ricevo una lettera molto dolce, commovente, romantica da un altro maschio e – inconscia dei dirompenti effetti collaterali del gesto – lo comunico pubblicamente sul mio profilo social.

Ed è in quel preciso istante che comprendo appieno ciò che avevo studiato nel dossier sul consumo di droghe, scaricato dal sito del Ministero qualche anno prima, per un’inchiesta sui Sert.

Il tossico chiosa, con tutta l’acredine di cui dispone, il mio post di gaiezza, vomitando un magma di ingiurie e risentimento che prosegue anche in messaggi privati. Fin all’affronto più cocente che un account digitale possa ricevere: il blocco dell’utenza.

Mentre rileggo le sue sconcezze che non trascurano, anche, la mia provenienza geografica (Non ho capito perché, per insultarti, debbono ricordarti che sei sarda: sì, lo so dove sono nata. E quindi? Che è? Una colpa?), mi precipito con irruenza sul telefono (ho amiche molto pazienti) per querimoniare contro quella che suggeriva di prendermi del tempo.

 – “Paola, scusa – mi fa lei – Ho detto che lo dovevi conoscere con calma, d’accordo. Ma dovevo precisarti che non doveva essere un drogato?”.

 

4 thoughts on “Il tossico che sbrocca

  1. Non capisco se tutti questi racconti sono inventati o veri, ma dato che presumo l’ultima ipotesi, il dubbio cambia in: capitano tutte a te o sei te ad essere allergica all’altro sesso?
    Senza cattiveria ovviamente.

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